Nei graffiti che sfregiano le nostre città emerge tutta la povertà del civismo italiano




Di Maria Romana De Gasperi.

Accompagnavo uno straniero a conoscere la bellezza di questa città, così varia, così intensa, caotica, nervosa e nello stesso tempo irripetibile. Roma antica, Roma di oggi, Roma papale, Roma di Trastevere e di qualche scorcio medioeyale, città di basiliche e di chiese nascoste e chiuse da tempo, città di mercati al sole, di bancarelle disordinate.
Strade dove i tombini traboccano d'acqua appena piove, dove il fiume non è mai riuscito ad avere l'eleganza della Senna, tanto meno adesso che alberi e cespugli lungo le sue sponde portano i resti di quell d'acqua che e arrivata al mare con le piogge e ha lasciato sui rami carte, plastica e ogni altra bruttura e non si sa quale sarà il loro destino.
Ho portato il mio straniero a vedere nel cielo imbronciato di questi giorni le lance d'oro e di rosso scuro che il sole vi aveva dimenticato, mentre la macchina cercava spazio fra i motorini che ti sfiorano imperterriti e i mezzi di ogni genere che fanno
trasporti a qualsiasi ora e ci fanno ricordare Marrakech più che una capitale europea.
Ma ciò che più di ogni altra cosa mi ha colpito è lo sguardo di chi, abituato a una piccola città ordinata, si fermava davanti alle scritte, ai disegni, agli sgorbi di vari colori che imbnittivano case e palazzi, statue e monumenti.
Quale ragionamento, quale rivolta, o quale stupidità spingono gli autori di tali scritte senza senso, che non esprimono niente, che non si fanno leggere?
Nemmeno il piacere di essere diversi perché le scritte sono tutte uguali, da una città all'altra, da una stazione a un palazzo d'epoca, dalla periferia al centro città.
Non sono risposte alle deficienze di una società, non sembrano bandiere di libertà, ma solo spregio dell'ordine, della legge, dei cittadini che amerebbero avere una casa anche esternamente pulita.
Allora dobbiamo pensare che qualcosa di molto DÌÙ profondo è alla base di questi risultati negativi.
Sta nel non avere coscienza di appartenere a una cittadinanza.
Non possedere l'orgoglio di essere un popolo, non conoscere la propria storia e non andarne fieri; è rinunciare alla cultura di una società che nei secoli ha dato tanto alla vita del pensiero europeo.
È prodotto d'ignoranza e di superficialità che non permette di vedere al di la delle proprie azioni il risultato che ne deriva.
Chi deturpa i beni che sono di tutti mette la propria firma e permette a chi
passa di giudicarlo incivile.
La scuola ha mancato in questi ultimi decenni di insegnare che al di fuori della
nostra porta tutti siamo responsabili di quella comunità che ci sta vicino, che vive con noi le strade, le piazze, i giardini.
Gettare a terra il biglietto del mezzo pubblico di trasporto o il mozzicone di sigaretta è svilire la nostra città.
Roma sembra non essere più amata dai suoi abitanti che non si curano del suo aspetto e permettono allo straniero di farne opera critica al proprio ritorno.

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