«Ma un vero writer rispetta i monumenti E insegue il bello»



Entrambi scrivono sui muri, entrambi sono writers. Almeno stando alle definizioni formali.
Eppure è evidente che l'improvvisato graffitaro che ha sfregiato con uno scarabocchio i muri della chiesa della Motta ha ben poco a che spartire con un writer vero e proprio.
Lo conferma Matteo Tiberio che, a 25 anni, sta per concludere il percorso all'accademia di Brera e ha contribuito a decorare Varese e alcuni paesi della zona.
Con autorizzazione in tasca, si intende.
La differenza sta nell'impatto estetico?
È un discorso diverso. Un writer comunque scrive in giro per definizione, ma segue un preciso codice di comportamento.
Prima di tutto rispetta chi è più grande, nel senso che riconosce chi è bravo e segue le cose belle che fa, e soprattutto rispetta le città e chi ci abita, così come i loro monumenti e le loro chiese.
Quindi il vandalo non è un writer?
Non studio psicologia ma credo che l'adolescenza qualche volta faccia strani effetti.
Secondo me quelle scritte sono atti di un ragazzino che non si rende nemmeno conto che quella è la parete di una chiesa.
Funziona così, soprattutto quando si è molto giovani: si prende la prima parete esposta che capita sotto tiro e ci si scrive sopra.
Mi spiace terribilmente che vada così, ma anche noi abbiamo poche opportunità di
comunicare con i più giovani.
A volte si rendono conto di cos'hanno fatto perché hanno un rapporto con
l'esterno, ma la questione di fondo è che manca l'educazione al rispetto nella società in generale, e il fenomeno dei vandali è solo l'ultimo dei fenomeni che rendono evidente il problema.
Tu come hai iniziato?
Mi è sempre piaciuto disegnare e ho sempre imitato lo stile grafico dei graffiti.
Me ne sono accorto alle medie, così mi sono iscritto al liceo artistico dove ho incontrato sia gente che faceva il writer sia insegnanti che mi educavano al gusto estetico.
È il confronto con le persone più grandi a guidare l'espressione artistica e a
portarla nella direzione giusta.
Io, ad esempio, ho avuto un'esperienza bella grazie a un'istruzione che mi ha mostrato com'è fatta l'arte, ma diverso è il discorso per un ragazzino che sta davanti alla Playstation tutto il giorno e si trova in mano una bomboletta pronta a fare danni: questo esce di casa e fa quello che gli pare per il gusto di farlo perché nessuno l'ha educato al bello.
Ho appena fatto un corso alle scuole medie, ci ho messo tre mesi a passare qualcosa a quei ragazzi e mi ha fatto impressione vedere com'erano attratti dallo spray e dai danni che poteva fare.
Esiste una via d'uscita?
Non c'è altra strada che l'educazione, intesa anche come educazione al bello.
Se ad esempio avessero più occasione di vedere cosa facciamo noi e come lo facciamo, inizierebbero a seguirci, vedrebbero che ci siamo mossi in prima persona e continuiamo a farlo andando dalle istituzioni e chiedendo gli spazi per fare qualcosa
di bello, ovviamente con tutta la fatica e il tempo che gli iter burocratici comportano.
Ma alla fine vedrebbero anche loro che conviene, che è un modo più bello di fare le cose.
Purtroppo il ragazzino non sempre ci arriva, scrivere in giro è una cosa che si può fare ovunque e subito.

fonte: 25/06/2009 La Provincia di Varese Pag. 16

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